Oggi come oggi, per fortuna, la consapevolezza del rapporto tra alimentazione e salute è sempre più forte. Discutere di questa sinergia significa, per forza di cose, parlare di educazione alimentare. Perché questo approccio è da preferire a una dieta prescrittiva? Scopriamo i motivi nelle prossime righe di questo articolo.
Educazione nutrizionale: di cosa si tratta?
Si sente parlare spesso di educazione alimentare per bambini e dei medesimi percorsi destinati a pazienti adulti. La cosa non deve sorprendere: sovrappeso e obesità, soprattutto nei Paesi occidentali, hanno numeri da epidemia. Dal momento che si tratta di condizioni che espongono a un forte rischio per la salute, soprattutto dal punto di vista cardiovascolare, l’impegno per risolvere la problematica è continuo.
Le soluzioni messe in campo dalla scienza sono diverse. Dati alla mano, una delle più efficaci è l’educazione alimentare adulti e bambini. Di cosa si tratta di preciso? Di un approccio che non prevede la prescrizione di una dieta da seguire per un determinato lasso di tempo, ma l’apprendimento, da parte del paziente, di regole per un’alimentazione corretta da applicare in maniera continuativa.
Chiaramente si parla di un percorso strutturato, che parte con un’anamnesi effettuata da un professionista – nutrizionista, dietologo o dietista, da evitare categoricamente sono le figure prive di qualifiche nel campo della scienza dell’alimentazione, come per esempio i wellness coach – e prosegue con la fissazione di obiettivi di educazione alimentare fortemente personalizzati. Necessario, infatti, è tenere in considerazione non solo le condizioni fisiche del singolo paziente, ma anche le sue abitudini quotidiane, il lavoro che fa, la composizione familiare.
Rieducazione alimentare: perchè si tratta di un approccio vincente?
Non importa che si voglia raggiungere o ritrovare il “peso forma”: l’educazione alimentare, a prescindere dall’età, è una strada vincente. Come mai? I motivi sono diversi. Innanzitutto, permette di combattere la cultura della dieta intesa come rincorsa di perfomance finalizzate unicamente a vedere un determinato numero sulla bilancia, mettendo in secondo piano il concetto di salute a tutto tondo (una galassia della quale il peso è solo una delle tante stelle).
Inoltre, grazie alla rieducazione alimentare è possibile riscoprire il piacere di mangiare. La già citata cultura della dieta, infatti, mette spesso in primo piano percorsi all’insegna della privazione di quell’appagamento sensoriale che è alla base dell’assunzione del cibo.
Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare dei vantaggi di questo mondo di programmi (vedremo poi perché utilizzare il plurale)! Tra gli altri aspetti positivi da sottolineare rientra la possibilità di riflettere sul rapporto che si ha con il cibo.
Molte volte, infatti, le soluzioni prescrittive indicano al paziente l’eliminazione o la riduzione di un determinato alimento perché “non fa bene alla salute”. Grazie ai percorsi di educazione alimentare, che devono essere rigorosamente condotti da professionisti esperti, è possibile dare il via a una riflessione sul rapporto che si ha con l’alimentazione. Molte volte, infatti, si eccede dal punto di vista quantitativo generale o nel merito di un determinato nutriente perché si sfogano bisogni emotivi sul cibo. Agendo su questo aspetto, è possibile, con il tempo, trovare altri metodi di compensazione non dannosi per la salute fisica e mentale.
Educazione alimentare: quali sono le metodologie?
Come sopra ricordato, quando si discute di educazione a una corretta alimentazione si può, a ragione, parlare di “mondo di programmi”. Sono infatti diverse le metodologie che possono essere chiamate in causa. Tra le varie alternative è possibile citare l’intuitive eating.
Questo approccio all’alimentazione, lontano da qualsiasi orizzonte prescrittivo, si basa su dieci principi la cui validità è stata suffragata da più di 100 studi scientifici. Grazie allo schema appena citato, si può analizzare nel dettaglio il proprio rapporto con il cibo e mettere sempre in primo piano il piacere, tra i principali bisogni dell’essere umano.
Da non dimenticare è anche la mindful eating. Anche in questo caso si ha a che fare con uno schema di dieci principi, grazie ai quali è possibile maturare una maggior consapevolezza sull’esperienza dei pasti.
Quanto durano i percorsi di educazione alimentare?
Dal momento che l’approccio prescrittivo è oggettivamente molto diffuso, quando si discute, in ottica di percorsi strutturati, di educazione alla sana alimentazione si fanno strada diversi interrogativi. Tra questi, rientra la durata del viaggio a cui abbiamo dedicato questo articolo. Non si può dare una risposta scritta sulla pietra a questa domanda. Dal momento che le metodologie sono tante – nel paragrafo precedente abbiamo elencato solo due tra le numerose alternative – varie e come già detto customizzate sono anche le strade da seguire. In linea di massima in pochi incontri con uno specialista si possono iniziare a vedere dei risultati (rammentiamo che dopo che il paziente li ha raggiunti, è consigliato un ulteriore affiancamento fino a quando i cambiamenti a tavola non vengono visti e vissuti in maniera naturale).
Tutto, come già detto, dipende dalla situazione della singola persona ed è bene non vedere il percorso come una gara ma, ribadiamo, come un viaggio di (ri)scoperta della propria salute di quel tesoro prezioso che è l’equilibrio tra benessere mentale e fisico.